Questo sito può utilizzare cookies tecnici e/o di profilazione, anche di terze parti, al fine di migliorare la tua esperienza utente.

Proseguendo con la navigazione sul sito dichiari di essere in accordo con la cookies-policy.   Chiudi

logo
arabo croato danese finlandese francese greco inglese norvegese olandese polacco portoghese spagnolo svedese tedesco     []     AAA
intestazione

Strada facendo

Questa solitudine come il ricordo di un dolore. Dal terrazzo si vede il parcheggio vuoto e sisente il silenzio: sapere che non è una scelta,ma un obbligo, non lo rende piacevole. Non neabbiamo alcun merito, è colpa di una malattia.Di un male invisibile e misterioso, insidioso piùdel male di vivere che spesso incontriamovivendo. Le persone sono come dissolte, ilgenere umano dissipato, i superstiti stannochiusi nelle case. E si sentono via via dallescale, voci, rumori e odori di cucina, dalleporte serrate, che lasciano intendere vite eaffetti, consuetudini antiche o recenti,malinconiche allegrie.Arrivano sui cellulari messaggi, chiamate in video di familiari, di amici e gli avvisi delle istituzioniche ci tengono in vita, come a volerci costringere partecipi, ma prevale un senso di straniamento,di isolamento dell’anima. Stiamo così, lasciateci in pace. Sotto l’argine un cane latra, al guinzaglio,tirandosi dietro il padrone. Passa un’auto, sale la rampa per la provinciale e si perde alla vista.Questo è il giorno. Terso o grigio che sia e la sera è anche peggio. Quando le luci dei lampionirischiarano la strada, la piazza, le panchine deserte, gli alberi scheletriti e fa sempre più scuro ebuio e notte. Notizie. Un film in tivvù. Una telefonata a chi tieni, a chi vuoi bene, prima di dormire.Nella vita andrebbero messi in conto per fortuna l’amore -ed è già difficile dirlo, amore- e purtroppola morte. Se no non è vita, è solo paura di vivere, di amare e morire. Il resto sono la prevenzione egli ospedali che mancano, la scienza, la contabilità in diretta del contagio. I morti, i guariti. Efarsene una ragione o una colpa.Non ho niente da dire, da dichiarare: sono stato allegro e triste, forte e cagionevole, loquace etaciturno, solo e innamorato. Giovane e vecchio. I punti di forza diventano punti di debolezza.Dopo l’operazione la minzione è scarsa e dolorosa. La morte si sconta mingendo. Esercitando lasoglia del dolore. E questo è tutto, alla fine. Credetemi. Piuttosto voi, che fate? Con l’audacia deivostri proponimenti e quest’idea per il dopo che tutto cambierà e su questo deserto e sul dolore dimilioni di uomini torneranno l’ordine, la pace e la serenità. Perché tutto volgerà al bene. Chi hascritto così, perché continuava a credere, nonostante tutto, nell'intima bontà dell'uomo, è statareclusa e ne è morta. E ha avuto ragione solo perché l’ha scritto e perché è stato vero, ma nonperché il mondo sia in ordine, in pace e sereno. Verrebbe quasi da chiedere perdono per le nostremancanze. Per la diseguaglianza che grida ingiustizia, sopratutto. Ho scritto cose inutili, chissà sealtrettanto inutilmente ho vissuto.Gli eccessi disturbano: la gente che si accalca e le persone che mancano, il troppo rumore e iltroppo silenzio. Al silenzio in città non siamo abituati. Per dormire ordino a Google di trasmettere ilrumore della pioggia. Fa compagnia, dà un senso di purezza, di pulizia del mondo, di natura che sirinnova. Con il sonno tornano i miei cari, a volte, a visitarmi in sogno. Il padre ieri aveva unquadernetto di scuola arrotolato in mano, sorrideva. La mamma riposava su un letto davanti ad unterrazzo che guardava il mare. Ho riconosciuto quel mare. Oggi non lo vedrebbe più da quelterrazzo, vedrebbe un porto. Da quel porto ho nuotato fino alla punta della scogliera e ritorno. E poic’era il Mago con una camicia rossa. La stessa di una foto che un amico in questi giorni mi ha fattoavere per mail, insieme ad altre che ha ritrovato di una vacanza che facemmo d’estate, con letende, un gruppo numeroso. Eravamo così giovani da non riconoscersi nemmeno. In quella foto,stavamo a tavola, il Mago era ritratto in una buffa posa con la bocca stretta e il capo ritto, così gliho chiesto perché. Era il pappagallo che mangiava le lasagne, non ti ricordi più? Mi ha risposto conil pensiero. No, non mi ricordavo, ho dimenticato tanto. Passiamo la vita a dimenticare. E non c’èonore in questo, soltanto sopravvivenza. Anche per questo sarebbe da chiedere perdono. Per lacolpa di sopravvivere. A tutto, noi stessi compresi. Poi si sono accomiatati ed era giorno.La mattina è passata chiedendo all’amico delle foto, notizie di quella estate che fu pienadell’allegria triste della gioventù e per lui, in mezzo alla gioia, di un grande dolore. Così si imparache la vita e la morte fanno parte di noi. La sera, perché ogni cosa viene a sera, mi arriva dallacompagna lontana una poesia.“Io scriverò di quello che sento,/ Perché se è vero che gli anni sono la somma delle nostreemozioni,/ ho visto abbastanza per poterti raccontare/ di bare partite nel silenzio di una primavera/che nessuno di noi potrà più dimenticare. / Ma se resteremo sarà perché/ il sacrificio di eroi senzaarmi/ avrà spiegato al mondo intero/ che dentro ognuno di noi/ sopravvive uno smisuratoincontenibile/ desiderio di fratellanza bisogno di amore/ e voglia di vita.”È di mio fratello. Uno dei miei fratelli. Io sono il maggiore, ma solo di età. Il vero poeta dellafamiglia è lui. E ora ricordo quel quadernetto arrotolato nelle mani del babbo. Era un quadernodove scriveva le sue poesie: “Strada facendo” era il titolo della raccolta. Forse questo abbiamo nelsangue e nella memoria. Questo virus benefico. Strada facendo, siamo arrivati fin qui e poi non sisa. Sarà stato comunque breve il nostro lungo viaggio.

Marco Celati

Pontedera, 29 Marzo 2020

 

Il riferimento al volgersi di tutto al bene è dal Diario di Anna Frank. Si parva licet...chiedo scusa adUngaretti e ringrazio Montale per la frase finale.

Tags: -